Gli editoriali di Byte Italia

Vittoria di Pirro

Byte Italia n° 10, dicembre 1998

Sabato pomeriggio, un affollato cash&carry di elettronica di consumo quasi al centro di Roma. Un ragazzo coi capelli cortissimi entra e si guarda un po' intorno. Poi, affiancandosi alla caotica fila, si avvicina al banco e, con l'accento di un personaggio di Verdone, chiede all'indaffarato commesso: "Scusa, senza che faccio la fila, che ce l'hai un abbonamento a Internet?". Il tono è quello di chi chiede l'ultimo CD di Baglioni o la nuova batteria sottile per il suo cellulare. E il commesso, senza neanche alzare gli occhi: "No, li ho finiti.".

Internet ha vinto. Finché ce lo diceva qualche ricercatore del MIT o qualche istituto di analisi sociologiche potevamo anche non crederci: i fenomeni di massa sono tali solo quando puoi andare al negozio e comprarli, non quando se ne parla nei dibattiti alla televisione. E oggi si può comprare Internet al negozio, un tanto al chilo, senza nessuna formalità e senza sapere nulla di speciale. Non serve una patente, un corso, un esame; non serve conoscerla e saperla usare; non c'è neppure bisogno di sapere come funziona un computer.

Internet oramai è di tutti. Forse anche per moda, adesso che il cellulare non è più uno status symbol tecnologico. Forse anche per una sorta di riscossa dei brutti-ma-intellettuali che, secondo una statistica sulla gioventù americana, sembrano aver soppiantato i macho-con-motocicletta nelle preferenze delle ragazze. Fatto sta che quest'anno anche la proverbiale casalinga di Voghera riceverà da Babbo Natale un abbonamento ad Internet. Senza conoscerla, e senza saperla usare...

Quando vent'anni fa presi la patente, mio nonno, che aveva la patente numero mille e qualcosa, mi raccontò dell'epoca in cui si incontrava una macchina ogni due o tre giorni, e gli automobilisti incrociandosi si salutavano. Tutto ciò avveniva circa sessant'anni prima: in questo arco di tempo la gente aveva potuto tranquillamente metabolizzare il fenomeno costituito dall'automobile, adeguando le proprie categorie mentali; ed anche gli automobilisti si erano evoluti, passando dallo stato di incoscienti pionieri a quello di tranquilli utilizzatori di un mezzo ben conosciuto.

La maturazione culturale è un processo fondamentale affinché la società possa prendere coscienza di una nuova tecnologia per poterla utilizzare correttamente. Ma ci vuole tempo, ed il tempo è proprio l'unica cosa che la società moderna non ha più.

Tagliando con l'accetta possiamo dire che un bacino di cinquanta milioni di utilizzatori nel mondo sia una buona soglia per distinguere una tecnologia sperimentale da una di massa. Ebbene, per avere cinquanta milioni di abbonati al telefono ci sono voluti circa trent'anni; per la televisione ne sono bastati una decina; per Internet ne sono stati sufficienti quattro, se diamo come data di inizio l'invenzione del World Wide Web. Oggi su Internet siamo almeno centocinquanta milioni, stando alle stime più prudenziali; ma c'è chi, estrapolando le tendenze di crescita misurate negli ultimi anni, sostiene che saremo un miliardo nel duemila.

In molti si domandano se la Rete potrà sostenere questo tasso di sviluppo. Questa non è la vera domanda: è ovvio che finché qualcuno pagherà per andare su Internet ci sarà qualcun altro che avrà tutto l'interesse a mantenere adeguata la capacità dei cavi e delle infrastrutture. Io credo invece che occorra chiedersi se la Società potrà sostenere questo tasso di sviluppo. Tutte le nuove tecnologie del passato, dalla luce elettrica all'aeroplano, hanno avuto bisogno di almeno una generazione per prendere piede presso la gente: con Internet semplicemente non c'è stato il tempo.

Non sono un catastrofista e non credo che la società si spaccherà per questo, ma temo che l'introduzione selvaggia di Internet senza un adeguato tempo di penetrazione culturale possa provocare sperequazioni insospettabili ed inaspettate. Ad esempio molte società considerate tradizionalmente avanzate potrebbero trovarsi scavalcate da realtà emergenti magari dal cosiddetto terzo mondo.

Internet ha dunque vinto, ma è una vittoria di Pirro perché la Rete morirà a causa di sé stessa. I "canali" e il modo push non sono altro che un tentativo di stuprare Internet riconducendola ad un modello culturale oramai noto e bene accettato quale quello televisivo. Peccato che il broadcast su Internet sia un assurdo tecnologico e le tecniche di marketing televisivo un assurdo sociale, che vanificano la struttura e gli scopi stessi della Rete: l'importante, per chi comanda, è che Internet cresca e penetri sempre più rapidamente nel tessuto sociale, anche a costo di diventare un'altra cosa.

Per la fretta abbiamo forse perso l'occasione del secolo.

Editoriale di Byte Italia n° 10, dicembre 1998
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Ultima modifica: 4 settembre 2006
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